Pubblichiamo per l'occasione il testo scritto da Patrizia Vicinelli (Bologna, 1943-1991), nome di spicco del Gruppo 63 e poetessa di rilievo nazionale, per la seconda mostra del Battibecco, tenutasi a Bologna nel dicembre del 1962 e pubblicato sul cataloghino originale dalla tipografia Luigi Parma.
Scrive Pasquale Fameli, curatore della mostra "Gli arrabbiati del Battibecco. Bologna 1962" in merito: Nel testo di presentazione (...) Patrizia Vicinelli si sofferma sulle attitudini individuali sviluppate dagli artisti oltre "il tempo di denuncia e di insofferenza" del clima culturale immediatamente precedente. (...) L'interpretazione di Vicinelli mette in luce aspetti psicologici e comportamentali propri dei tre artisti, ma non lascia spazio all'analisi stilistica delle opere esposte, che determinano alcune tra le più concrete proposte di aggiornamento postinformale in città.
Bottarelli. Colliva. Filippi.
di Patrizia Vicinelli
Se il concetto di gusto implica un certo rapporto di conoscenza con l’autore, è difficile giudicare il quadro. Perché quasi mai è data l’opportunità di un incontro con l’uomo, il cui carattere a volte discorda con l’immagine prodotta dall’opera d’arte.
È stato ormai il tempo di denuncia e di insofferenza: ora si tratta di considerare quei valori che restano validi per lo stesso autore. Così di Alberto Colliva resta una impressione di stanchezza antichissima e abituale, che si rivela dalle stesse opere, dal comportamento di lui nell’ambiente. Per la dimostrazione del suo personaggio, non servono gli attori, né una adatta: a lui occorrono solo gli spettatori, graziose figure che vietano tuttavia quel sentimento penoso che è la solitudine. Allo stesso tempo gioca a nascondersi, con una chitarra amica dei riflessi colorati, con una azzurra passione per il mondo, sempre sofferta. La rinuncia, la rabbia grande, sono incatenati al gesto al linguaggio; a chi osservi la sua mimica ne comprensibile una personalità più forte e impetuosa che non flemmatica. Del resto, a dichiarare il carattere di Colliva sta il fatto che i lavori presentati sono il risultato di cinque anni di ricerca perseguita nello stesso senso, rivelazione di volontà insolita e di insolita coerenza. E non si crede di dover aggiungere altro.
La timidezza è solitamente di artisti grandi: sconcertante e meravigliosa la timidezza di Franco Filippi. Vietato ad una risposta sicura; introverso risolutore delle questioni estetiche e di ogni problema; chiamato a forza nella realtà degli altri personaggi; reagisce con disperata resistenza, chiudendosi in un primitivo mezzo di espressione e di analisi. Il difficile processo psichico tenta di risolversi o placarsi nella creazione artistica: sono così le folle urlanti, file di uomini accavallati protesi nel desiderio di dire. Ma è proprio l’artista che impedisce loro qualsiasi comunicazione, che li presenta come oggetti interpretati da lui solo. Filippi vuole dimostrare a sé stesso e agli altri che l’unico valore resta l’uomo nella sua individualità.
Proseguendo in questo senso deve apparirgli la tesi del problema, giungendo a quella chiarezza di visione indispensabile ad ogni artista.
Maurizio Bottarelli è deciso ad eliminare ogni falsità e qualsiasi equivoco dalla sua pittura; di conseguenza il suo comportamento umano è privo di retorica; (ciò è denunciato poiché è nostra intenzione proporre il rapporto di coerenza fra uomo e artista). L’artista concepito dal Bottarelli dunque, è di tipo michelangiolesco; rappresentante quel periodo fecondissimo e favorevole che è stato il cinquecento. Durante il quale l’artista era inserito nella società è vi occupava il posto più illustre. Con ciò, pretende da parte del pubblico lo sforzo a che lo si accolga e consideri degnamente, ma pretende da sé, il Bottarelli, una serietà assai dimenticata.
La fermezza e la convinzione di questo - voler essere - gli vengono da una grande fiducia nelle proprie capacità, fiducia che si basa su di una preparazione culturale e intellettuale non indifferente.
Di qui, la profonda consapevolezza della situazione dell’artista nel tempo. La visione individualistica consegue ad un unico valore: quello umano. Solo presupponendo una fede grande nelle facoltà dell’uomo, si può comprendere la pittura del Bottarelli, che si rivolge una volta di più all’individuo, per svelarne la parte ancora ignota.
Da notare a conclusione, il fatto importante della coerenza nuova riscontrabile nei tre artisti: rivelatrice di un impegno non comune, di una fiducia solo umana.
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