La prima volta che ho visto i lavori di Giuseppe Francalanza nell’Aula Caccioni, dove gli studenti espongono ogni settimana le loro opere per potere discuterne davanti a tutti, ho pensato che mi ricordavano dei quadri che avevo visto molto tempo prima. In seguito ho riannodato i fili della mia memoria e ho ricordato che quelle figure aperte, con le articolazioni e le ossa in primo piano, dall’evidenza celata e dal forte mistero iconografico, mi rimandavano a delle opere di Leonardo Cremonini della fine degli anni ’50, un artista che ha vissuto molto tempo in Italia del Sud e nelle isole Eolie, cosa di fondamentale importanza per quanto riguarda la luce mediterranea a cui resterà legato per sempre.
Analogamente a quello di Cremonini, l’assunto figurale che Giuseppe Francalanza sviluppa nei sui dipinti assume inflessioni simboliche, metafisiche, surreali e sfugge volutamente a una facile classificazione. Certamente è una pittura esistenziale se prendiamo il termine non dal punto di vista filosofico ma nel senso di avere corrispondenze con la propria esistenza e che rimanda alla radice vera e autentica della terra di origine dell’autore, quella Sicilia cocente e arsa di cui parla Giuseppe a proposito del quadro Disertori, che fa parte di una nuova serie che “intende portare avanti un discorso di stanchezza e di svuotamento, un’impotenza delle figure stesse che si lasciano ardere dal sole, che si contorcono, del cui movimento percepiamo solo gli arrossamenti della pelle”.
A proposito di questa serie, la cui atmosfera mi ricorda, nella parte più grafica, i pastelli di Piero Guccione, Giuseppe scrive: “Il punto di partenza è l’ora meridiana che coincide con la fine della mattinata e l’inizio del pomeriggio. Questo particolare momento, nei luoghi mediterranei, coincide in periodi estivi con una totale perdita di forze, con l’impossibilità di compiere azioni contro la forza del sole. Quelle su cui sto ragionando sono forse delle rese, vari modi di abbandonarsi, e vari modi di continuare a nascondersi, seppure le figure siano situate in campi aperti”. Francalanza probabilmente si riferisce allo stinnìcchiu siculo che ha dei connotati del tutto peculiari, dal momento che, oltre a indicare l’abitudine a fare la siesta nelle prime ore del pomeriggio, quando l’arsura si fa sentire, presenta numerose altre sfumature. In primo luogo, per esempio, il verbo stinnicchiàrisi vuol dire far rilassare le membra nella sua forma riflessiva: e questo senso di rilassamento e di stiramento lo percepiamo nei quadri esposti in mostra. Ben oltre la semplice definizione di siesta mediterranea, quindi, lo stinnìcchiu diventa un vero e proprio modo di porsi, un’attitudine alla teatralità o perfino suggerire qualcosa dai risvolti poco piacevoli quando indica la perdita di zuccheri che porta allo svenimento.
Ecco allora che quel cane e quelle membra sparse, in bilico tra l’animale e l’umano, che sono i soggetti dei quadri di Giuseppe, hanno avuto semplicemente un calo di zuccheri o si stanno riposando sotto la luce del sole: i colori delicati, tono su tono, il ritmo armonico tra il disegno e la pittura, il silenzio che satura le tele non comunicano drammaticità ma una atmosfera onirica ed enigmatica, pregna di inquietudine sottile, vissuta con una certa dose di abbandono. Il risultato è una pittura felicemente ambigua, trasmutante tra effetti realistici e invenzioni informali, che conviene apprezzare avvicinandosi alla sua pelle, con una visione diretta e ravvicinata.
Maura Pozzati, Giugno 2023
INFO E ORARI
STUDIO LA LINEA VERTICALE
Via dell’Oro 4B Bologna
VIRTATI L'HA NEL FOHO
Giuseppe Francalanza - Jacopo Risaliti
15.06-15.07.2023
VERNISSAGE
15.06 H 18-21
INAUGURAZIONE OPENTOUR
22.06 H 15-23
TESTI CRITICI DI
Lucrezia Ercoli - Maura Pozzati
ORARI ORDINARI:
Dal Martedì al Sabato
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