di Pasquale Fameli
L’uscita dall’Informale, fenomeno artistico che a Bologna ha avuto un radicamento profondo, trova nell’attività iniziale di Maurizio Bottarelli, Alberto Colliva e Franco Filippi un esito significativo. «Gli arrabbiati del Battibecco» è la denominazione data loro da Giorgio Ruggeri dopo l’esordio avvenuto nel giugno 1962, in uno spazio autogestito al piano terra di un edificio sito in via del Battibecco, sede temporanea di una scuola serale di grafica pubblicitaria diretta da Sepo. Questi artisti ‘arrabbiati’, vicini per tono agli ‘irascibili’ della Scuola di New York, riammettono nella propria pittura la possibilità della figurazione, ma una figurazione organica, corrosa e disgregata, carica di sentori esistenziali e di conflitti comunicativi. È una rabbia che passa anche per la scelta, attuata nella loro prima mostra, di appendere a un gancio i fogli ciclostilati con il testo di presentazione scritto da Roberta Bianconi, in modo che i visitatori fossero portati a strapparli, a replicare a loro volta un gesto aggressivo. La presenza del più anziano Angelo Bozzolla in quella prima mostra non si conferma nella successiva, tenutasi nel dicembre del 1962 e presentata da Patrizia Vicinelli. In questa occasione si precisano tre individualità creative molto diverse tra loro, ma destinate a cooperare per qualche anno ancora in una piena intesa di gruppo.
Le Teste di Bottarelli sollecitano immediati rimandi a Jean Dubuffet, a Jean Fautrier e al più vicino Pirro Cuniberti, con cui il confronto umano e professionale è stato attivo e diretto. Rispetto a quelle dei suoi maestri, vicini e lontani, le Teste di Bottarelli si stirano sul piano come pronte a disgregarsi da un momento all’altro. Gote, zigomi, fronti e mandibole sono tenute assieme da cuciture precarie, segnate a matita, o da incisioni nervose sullo spessore della materia. Sono volti ciechi e tumefatti che, provati da un tormento esistenziale, perdono di volume e si dilatano sulla superficie fin quasi a occuparla per interno. In alcuni casi questo tormento assume toni più aggressivi e diventa una darwiniana struggle for life: mostri dalle fauci spalancate e grondanti si scontrano per il dominio di uno stesso spazio o spingono l’uno sull’altro in un vorticare di viscere, di muscoli smembrati e privi di ossature. Nei momenti più sereni, invece, queste teste galleggiano in una sorta di liquido amniotico che tenta di nutrirle e di rigenerarle, ma restano destinate a uno stadio formativo perennemente prematuro.
Colliva ripensa invece la superficie pittorica come uno spazio antigravitazionale in cui disporre, senza schemi prestabiliti, frammenti oggettuali e accadimenti materici: tali entità levitano in una sorta di vuoto pneumatico negandosi a nessi o interferenze; solo qualche brandello di nastro adesivo o di carta si incaglia talvolta tra gli elementi, segnati a più riprese da qualche perimetrazione incerta e dinoccolata. Fissate da una colatura o liquefatte da un processo di combustione, queste tracce fenomeniche si assopiscono nell’inerzia di un processo già avvenuto: ne deriva un trattamento corrosivo di corpi e superfici da ricondursi alla lezione di Alberto Burri, di cui l’artista bolognese radicalizza anche i contrasti.
La pittura di Filippi denuncia una prima derivazione informale dagli echi internazionali, lontana dalle paste lievitanti dell’Ultimo Naturalismo padano: si evince la volontà di organizzare grovigli segnici tremuli e nervosi, derivati dallo scribbling di Cy Twombly o dall’ideografia di Henri Michaux, nello spazio di una materia distesa e mitigata che congeda ogni impeto gestuale. Sono come pagine illustrative costellate da formicolanti geroglifici ricche di allusioni ambigue e imprecisate. Intento dell’artista è quello di formulare nuove ipotesi di germinazione figurale che, negli esiti più articolati, sembrano guardare soprattutto a Pierre Alechinsky e all’immaginario di CoBrA più in generale. Sembra quasi di assistere a processi di cariogenesi e di partenogenesi, ossia alla formazione di nuclei cellulari in attesa di assumere una qualche fisionomia. Ma, a differenza delle figure dei CoBrA, quelle di Filippi sono miniaturizzate, trattate come organismi monocellulari nutriti dal discioglimento dei grumi informali o come piccoli alieni profilati da un grafismo elastico e flessuoso.
INFO E ORARI
Studio la Linea Verticale
Via dell’Oro 4B Bologna
Gli arrabbiati del Battibecco. Bologna 1962.
19 novembre 2022 - 14 gennaio 2023
A cura di Pasquale Fameli
Inaugurazione:
19 novembre ore 17-21
Orari di apertura:
Dal martedì al sabato 15:30-19:00
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